L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si
trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo terra di confini e di lacerazioni: un
posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando
Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati allora per
non perdere la propria identità non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre
che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia
scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla di scriverle
nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla
porta di casa e Trina segue il marito disertore sulle montagne dove entrambi imparano a
convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra che non porta nessuna pace. E così mentre il
lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina all'improvviso
si ritrova precipitato a osservare un giorno dopo l'altro la costruzione della diga che
inonderà le case e le strade i dolori e le illusioni la ribellione e la solitudine.