«Venti racconti si dispiegano l'un dietro l'altro: in un crescendo di estri imprevedibili e di
complicazioni drammatiche secondo un disegno di inesausto diletto che in ogni singola trama si
disvela con la levità e la sottigliezza di un giocar di scene «stramme» dentro l'unità di luogo
dell'arena vigatese non senza tuttavia una qualche malinconica trasferta del primo attore.
Tutto è elusivo a Vigàta e stravagante. Vi predomina una logica che sembra sgangherata. Una
coppia di vecchi attori prova la scena estrema della propria morte a turno sul letto e sulla
sedia della veglia. Una congiura di scippatori tenderebbe «alla desertificazione delle chiese»
sparando a salve di buon mattino su vecchiette insonni o su bigotte che corrono alla prima
messa. Del complotto comunista è convinto l'ottuso cronista di «Televigàta». E Montalbano per
spiegare al questore Bonetti-Alderighi la non «valenza tragica» degli attentati fa ricorso
alla semiologia di Roland Barthes fatto passare per «criminologo francese». L'ignoranza
fantastica del questore è riluttante. Non si lascia persuadere da quel «Marthes» come lui lo
chiama. L'innocenza fragorosamente rustica e la logica scompaginata di Catarella danno prove
strabilianti. Il centralinista vuole essere coinvolto nelle indagini. A Vigàta è stata uccisa
una prostituta vecchia. Catarella ha visto un telefilm su un tale che per vendicarsi della
madre malafemmina è diventato un serial killer di prostitute. E si convince d'avere risolto il
caso. Entra nell'ufficio di Montalbano. Chiude a chiave la porta dietro di sé. Ha un'« ariata»
di segreto cospiratore. Spara: l'omicida è «un clienti della bottana che è figliu di bottana».
Eppure un caso lo risolve davvero. E lui a scoprire il «porco maiale» che si è approfittato di
una povera giovane mentalmente instabile. Montalbano è un esperto di quei geroglifici che sono
i particolari minuti da tutti trascurati una mosca per esempio presa in pugno da un
imputato durante il processo. Lui è il solo che sa decifrarli. Gli piacciono «assà» i 'Racconti
di Pietroburgo' di Gogol' con la loro immaginativa. E visionariamente gogoliana è la
telefonata che Montalbano fa al suo autore per proibirgli di destinargli storie truculente. Il
commissario arriva a farsi scrittore di frodo. Entra in due racconti di Camilleri e dentro le
tracce avviate si scrive da solo in forma di lettere le relazioni di due sue indagini: fra
l'altro condotte a distanza basandosi solo sulla scienza della deduzione e dell'analisi.
Montalbano merita alla fine dopo una serie di virtuosi trucchi di festeggiare il capodanno
alla mensa pingue della cameriera Adelina: abbandonandosi alla ghiottoneria languorosa e
sensuale di un eccelso mangiatore di arancini. La raccolta Gli arancini di Montalbano è stata
pubblicata la prima volta dalla Mondadori nel 1999.» (Salvatore Silvano Nigro)