La prima ipotesi sulla quale si fondano i sistemi ACM (Active Connections Matrix) è che ogni
immagine a N dimensioni puo' essere trasformata in una rete di pixel tra loro connessi che si
sviluppa nel tempo tramite operazioni locali deterministiche e iterative. L'immagine cosi'
trasformata puo' mostrare in uno spazio dimensionale più ampio delle regolarità morfologiche
e dinamiche che nelle dimensioni originarie sarebbero non visibili oppure qualificabili come
rumore.Questa ipotesi permette di esplicitare la seconda ipotesi alla base dei sistemi ACM:
ogni immagine contiene al suo interno le matematiche inerenti che l'hanno prodotta. In pratica
è come se ogni immagine nascondesse al suo interno altre due immagini non visibili. I sistemi
ACM le estraggono e le rendeno visibili. L'opera descrive inoltre le applicazioni possibili in
ambito di diagnostica per immagini ed è pertanto rivolta a fisici informatici radiologi e
tecnici di laboratorio che si occupano di image processing. Dalla Presentazione di Enzo Grossi
... Alcuni dettagli possono sfuggire altri aspetti notevoli come un piccolo nodulo di 1 mm
possono essere non visti: sono i limiti dell'occhio umano. E' in questo scenario che dobbiamo
immaginare l'avvento dei sistemi ACM.Essi funzionano come un terzo occhio non più legato alla
esperienza alla interpretazione e alla sensibilità soggettiva dell'operatore ma direttamente
riferiti alla struttura matematica e quindi anatomica dell'immagine stessa. Si' il terzo
occhio di cui parliamo è proprio quello dell'immagine che come per magia interroga se stessa
e si mostra al radiologo sotto una veste diversa spesso molto più informativa.