Ci sono romanzi che toccano corde così profonde originarie che sembrano chiamarci per nome. È
quello che accade con L'Arminuta fin dalla prima pagina quando la protagonista con una
valigia in mano e una sacca di scarpe nell'altra suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle
sua sorella Adriana gli occhi stropicciati le trecce sfatte: non si sono mai viste prima.
Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno
all'altro perde tutto ¿ una casa confortevole le amiche più care l'affetto incondizionato dei
genitori. O meglio di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l'Arminuta» (la ritornata)
come la chiamano i compagni comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola buia
ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c'è Adriana che condivide il letto con
lei. E c'è Vincenzo che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto
smaliziato lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L'accettazione di un doppio
abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce
le parole per dirlo e affronta il tema della maternità della responsabilità e della cura da
una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua
terra a quell'Abruzzo poco conosciuto ruvido e aspro che improvvisamente si accende col
riflesso del mare.