¿Una quotidianità sventatamente rapinosa da fiera o luna park sconcia Vigàta. Il villaggio è
diventato il set di una fiction prodotta da una televisione svedese. Per falsare il paesaggio
urbano e riportarlo indietro fino agli anni Cinquanta i tecnici si sono ispirati ai filmini
amatoriali recuperati dalle soffitte. La mascherata cinematografica prevede di coinvolgere
persino il commissariato messo a rischio di subire l'oltraggio di un'insegna che lo dichiara
«Salone d'abballo». Un'eccitazione pruriginosa monta attorno alle attrici svedesi e minaccia
gli equilibri coniugali. Durante il ricevimento per il gemellaggio tra Vigàta e la baltica
Kalmar arriva anche il finger food. Montalbano ribolle d'insofferenza gli appare «tutto
fàvuso». Temperamentoso com'è cerca luoghi solitari. E tiene testa alla situazione. Dalla
polvere di scartoffie dimenticate sono emersi durante la ricerca delle domestiche pellicole
d'epoca sei filmini datati che per sei anni di seguito sempre nello stesso giorno e nello
stesso mese riprendono con ossessione il biancore ottuso di un muro. Montalbano è sfidato a
leggere dentro quello spazio vuoto e rituale la trama il giallo che si dà e si cancella:
angosciosamente schivo ed enigmatico forse intollerabile. Diversamente peritosa è l'altra
inchiesta che attraverso un episodio di bullismo misteriosamente complicato da una incursione
armata a scuola porta Montalbano a misurarsi generosamente (lui non più giovane) con
l'intensità sagace e luminosa di adolescenti che socializzano attraverso skype e con lo
slancio fiducioso di nuovi argonauti affidano la loro fragile tenerezza all'avventura della
rete. Fra argute intemperanze e astuzie varie Montalbano riafferma le sue qualità
rabdomantiche che lo fanno archeologo di trame sepolte e di esistenze nascoste oltre che
sottile e lucido analista di quella «matassa 'ntricata che è l'anima dell'omo in quanto omo».
Irritato dalla volgarità geometrica e aggressiva del falso si prodiga per risolvere due casi
delicatissimi collocati in quella plaga morale labile e sfumata che non rende mai del tutto
colpevoli o del tutto innocenti ed esige indagini riguardose ed emozionalmente partecipi: tra
`protezione¿ e verità rivelata (ovvero scoperta e di nuovo velata per non renderla
insopportabile o sconvenientemente perniciosa). Non stupisce che Montalbano in questo grande
romanzo dell'introspezione e del confronto pensoso con il disagio si dichiari lettore e
ammiratore della commedia di Jean Giraudoux `La guerra di Troia non si farà¿ e citi la
battuta con la quale Ulisse si congeda da Ettore ricordando le rispettive mogli per rendere
intimamente credibile la solidarietà data affinché la guerra non ci sia: non è questione di
semplice `noblesse¿ di generica nobiltà d'animo dice e tira fuori la carta segreta:
`Andromaca ha lo stesso battito di ciglia di Penelope¿.¿ (Salvatore Silvano Nigro)